giovedì 7 luglio 2016

IL CALCIO MUORE TRA L'INDIFFERENZA DELLE ISTITUZIONI


Prendendo spunto da un'intervista rilasciata a LA NUOVA DI FERRARA dal presidente FIGC regionale dell'Emilia Romagna, il sig. Paolo Briati, dove lo stesso, parlando della continua riduzione di società sportive iscritte alla FIGC, asserisce che: «Ci sarà un calo, sarà inevitabile. Altre società non ce la fanno ad iscriversi ed il trend negativo proseguirà. Ormai è chiaro che il calcio di una volta non esiste più, i volontari sono sempre meno e perfino gli attuali dirigenti hanno meno tempo da dedicare alla passione calcistica. Siamo di fronte ad un'emergenza; c’è bisogno di ingegnarsi per trovare risorse dove non ce ne sono più. Ognuno, noi compresi, deve fare la sua parte, inutile nascondersi».
Un calo generalizzato che non riguarda solo l'Emilia Romagna. In tutta Italia c'è una vera e propria emorragia, figlia di rinunce o fusioni tra club per andare avanti nonostante tutto.
La problematica viene completamente ignorata dalle istituzioni, sensibili a discorsi di accoglienza immigrati, inclusione e mediazione culturale, dove vengono investiti (giustamente) fior di milioni, istituzioni che però ambito di attività rivolte ai giovani restano ferme nel vedere le associazioni sportive dilettantistiche ancora come vacche da mungere. Mentre le spese per le associazioni sono già insostenibili esse continuano con aumenti davvero insensati, le spese arbitrali, di assicurazione, le multe e i tesseramenti oramai sono fuori mercato, così come gli affitti degli impianti pubblici comunali, pagati come beni di lusso e non come un servizio offerto alla comunità, per evitare la dispersione giovanile.
Oggi sembra tornati a prima della rivoluzione francese, quando la nobiltà ed il clero gozzovigliavano a palazzo mentre il terzo stato si ammazzava per un tozzo di pane. Così succede che a decine, ogni anno, le società chiudono bottega, essendo fondate, la quasi totalità, solo sulla passione di pochi dirigenti, quasi sempre persone che vivono di stipendi e salari, che hanno come unico obiettivo portare avanti il nome della propria città, quartiere, paese e dare la possibilità ai ragazzi di coltivare una passione sana. Tante volte però sembra che questa passione, questa voglia e questa motivazione vada solo sfruttata da chi ha il governo del calcio, persone solo da spremere attraverso iscrizioni, multe, costi esorbitanti di strutture e squalifiche quando si alza la voce. "Volete per forza fare calcio? ah si? Allora pagate e zitti!" oramai questa è la percezione di chi porta avanti realtà dilettantistiche, con tante spese e sacrifici, così alla fine sempre più dirigenti si stanacano e mollano tutto, oggi possiamo solo constatare che IL CALCIO MUORE TRA L'INDIFFERENZA DELLE ISTITUZIONI.

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